«Una donna, una donna
del diciottesimo secolo che ama la vita, i divertimenti, le distrazioni, come
li ama e li ha sempre amati la gioventù della bellezza. Una donna un po'
vivace, un po' pazzerella, un po' beffarda, un po' sventata, ma una donna
onesta, pura, che non ha mai avuto - secondo l'espressione del principe di
Ligne - che "una civetteria di Regina di piacere a tutti"». Poco
amata, spesso vituperata, per lo più considerata frivola, gli storici non sono
stati teneri con Maria Antonietta. Invece, i Goncourt hanno il grande merito di
radicare la sua vita nel secolo in cui visse. La storia, per i due fratelli del
naturalismo francese, deve scendere dal suo piedistallo di razionalità o di
disegno della provvidenza. La raccontano dall'interno, dai sentimenti: essa
diventa «inchiesta sull'uomo» e curiosità per i ritratti illustri. Rovistando
nella immensa quantità di cronache e di vicende, per ricostruire il documento
preciso di una esistenza. Così con Maria Antonietta, la giovane moglie di Luigi
XVI, morta nel 1793 sulla ghigliottina, dopo il marito: ma mentre il re fu
mandato al patibolo in carrozza coperta e a mani libere, lei vi fu trasportata
sulla carretta con i capelli rozzamente tagliati e le mani legate. E oltre il
giudizio sulla controversa sovrana - che è di piena assoluzione, tanto da
conquistarle la simpatia immediata del lettore - ciò che conta per i due
infaticabili eruditi dell'Ancien Régime è di entrare dentro le stanze e gli
ambienti, nei momenti intimi di una corte decadente e feroce. «Cerchiamo di
mostrare i caratteri, le abitudini, il modo di vivere dei principi e delle
principesse coi quali ella deve vivere, le simpatie e le antipatie che necessariamente
incontra. Questo quadro è importante per la giustizia storica».
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