Nel 1804, quando John
Barrow ascende al soglio di secondo segretario dell'Ammiragliato britannico,
sulle carte dei di lì a poco sudditi di Vittoria spicca ancora un numero
allarmante di zone bianche. Alcune - l'Australia, e anche l'Antartide - per il
momento potevano rimanere tali, ma in altre si annidavano enigmi da sciogliere
quanto prima, data l'importanza strategica loro attribuita: il vero corso del
Niger, ad esempio, e l'esistenza o meno di un Passaggio a nordovest. Su
entrambi Barrow aveva idee spesso sbagliate, ma comunque chiare: e,
soprattutto, la possibilità di realizzarle. Quindi, muovendosi dalla scrivania
così di rado che in occasione del congedo i superiori, convinti che non potesse
separarsene, gliene fecero dono, Barrow trascorse i quarant'anni del suo regno
a montare un impressionante numero di spedizioni verso il Polo o l'Equatore.
Difficilmente quelle avventure scampavano al disastro, al grottesco, o a una
miscela variabile di entrambi. Eppure, ognuna contribuì alla maggior gloria del
loro mandante, a tempo perso consulente del più importante editore inglese di
viaggi, John Murray, quindi censore alquanto arcigno e non del tutto
spassionato dei resoconti con cui i suoi ragazzi, portata a casa la pelle,
speravano di arrotondare una paga piuttosto misera. La lunga, entusiasmante,
divertentissima storia di caratteri leggendari come Parry, Ross e Franklin -
dei loro sogni, delle loro imprese, della loro follia - è stata sempre
raccontata come un'epopea.
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