Con un romanzo corale e
pieno di vita, Giuseppina Torregrossa racconta la necessità innata di essere
accolti in un abbraccio: quello di una madre, un marito, un amico, o una città
che sappia tenere aperte le porte anche nella notte. "Era quello il
segreto della felicità: prendersi cura degli altri". A Palermo c’è una
piazzetta abitata dalla magia, dove ogni notte sette fate, una chiù bedda di
n’autra, rapiscono i passanti per condurli verso luoghi lontani e poi
riportarli a casa, storditi dalla meraviglia, alle prime luci dell’alba. È in
questo cortile che vive Mario Mancuso, nel cuore dell’Albergheria, tra le
abbanniate dei mercanti di Ballarò e i rintocchi del campanile di Santa Chiara.
Orfano, ha conosciuto solo l’affetto di zia Ninetta, che però lo abbandona al
primo giro di vento, inseguendo i propri sogni. L’incontro con Melina è la sua
occasione per ritrovare in una nuova famiglia il calore che il destino gli ha
negato. Per lei, bella e infelice, quel ragazzo rappresenta la libertà da due
genitori che l’hanno educata più alle privazioni che all’amore. Lo sposo però
deve partire per Roma, dov’è stato assegnato come carabiniere semplice, così le
nozze sono celebrate in fretta e furia, e con la stessa voracità vengono
consumate. Forse soltanto un figlio può colmare la distanza tra marito e
moglie, sempre in bilico tra tenerezza e passione; ed è così che nasce Maruzza.
A legarli sarà una sottile nostalgia, la stessa che gli abitanti della
piazzetta, di Paesi e colori diversi, curano ogni sera con i piatti cucinati
dalla donna che tutti chiamano Mamma Africa e che sembra avere lo stesso dono
delle sette fate.
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