C’è una donna sola per
le strade deserte di Istanbul. Sta cercando di tornare a casa, ma non riesce
più a orientarsi. Le vie un tempo conosciute le sembrano deformate e
irriconoscibili. Al suo fianco un cane randagio che, fiutando il suo
smarrimento, la guida fino a un incrocio. Adesso tocca a lei scegliere la
strada da imboccare, nessuno può indicargliela: può assecondare il silenzio che
domina ovunque o può abbatterlo con la forza delle parole. Quella donna è Aslı
Erdoğan e all’alba del 16 luglio 2016, all’indomani del cruento tentativo di
colpo di stato e nonostante l’imminente repressione dei diritti civili in
Turchia, decide di non cedere all’indifferenza, ma di far sentire la propria
voce. Decide di essere la prima donna a non avere paura di spezzare quel
silenzio assordante, simbolo di un dolore troppo grande da ignorare. Perché non
può e non vuole far finta di niente di fronte alla violenza cieca di un governo
fin troppo abile nel mettere a tacere i testimoni scomodi. E sa bene che c’è
solo un modo per farlo: guardare negli occhi una realtà indicibile alla ricerca
di quelle parole che possano generare un grido di indignazione. Un grido di
denuncia contro la falsità del potere che priva i cittadini dei loro diritti.
Un grido di resilienza contro l’assurdità della condizione umana. Per non
essere complice dei colpi che hanno spezzato la vita di donne e bambini
innocenti. Per non decidere della sorte di centinaia di uomini che con fatica e
dignità cercano di rialzare la testa sotto cumuli di macerie. Per colmare quel
vuoto lasciato da uno stato tiranno e restituire a ogni singolo cittadino,
senza distinzione, ciò che gli spetta di diritto: libertà, uguaglianza, verità.
Nell’agosto 2016, proprio a seguito della sua attività di scrittrice, Aslı
Erdoğan è stata arrestata e ha trascorso 136 giorni nella prigione di Bakırköy.
Il suo unico delitto: aver osato rivendicare dalle colonne di un giornale
pro-curdo la libertà di opinione e di denuncia degli orrori del governo.
Neppure il silenzio è più tuo raccoglie alcune delle sue pagine più belle nelle
quali la scrittrice e giornalista diventa emblema della resistenza femminile e
grida gli ideali che animano la propria lotta intellettuale e assoluta. Nella
speranza che quest’opera possa davvero sgretolare il silenzio, almeno là dove
le sue parole hanno ancora diritto di cittadinanza.
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