mercoledì 6 settembre 2017

Novità in libreria - La Mannaia di Paola Presciuttini. Per Meridiano Zero in libreria dal 28 settembre

























Dopo il successo internazionale di Trotula, la biografia romanzata della prima donna medico-ginecologo dell’umanità, che in Germania ha venduto seimila copie nel primo mese di uscita, Paola Presciuttini si cimenta con un nuovo romanzo storico di ambientazione medievale. Questa volta siamo nella sua Firenze e il periodo è quello della “Grande Assassina”: la Peste Nera che funestò la città dal 1348. Protagonisti di questa storia sono gli appartenenti a una famiglia di macellai, come gli antenati dell’autrice. Mentre l’opulenta città si avviava verso le fortune più sfrenate, il volenteroso orfano Torello trova negli occhi di un’enorme chianina la vocazione: farà il macellaio. Per uscire dalla sua condizione, Torello (detto “del Verro” per un incontro/scontro con il temibile suino) cede il suo primogenito, Orso, un bel bimbo dai capelli rossi la cui madre è morta di parto. Torello scambia Orso per un carretto e un cavallo: i primi beni di quello che diventerà un membro di spicco della corporazione dei Beccai. Nel frattempo arriva un secondo amore: Amalia la speziale. Donna istruita e intelligente che “aveva i capelli color delle ali di un corvo”. Dalla seconda moglie Torello del Verro ottiene due nuovi figli: Lupo e Falco, il primo viene nascosto a Ponte a Mensola, dal nonno Gerundio dello Scalo, speziale rinomato, a causa di una malformazione al viso. Questa bruttura all’epoca costava la vita ai bambini e alle madri. Lupo si salva grazie all’amore di Amalia e di suo padre che decidono di farlo vivere e di istruirlo. Lupo è uno dei personaggi più complessi del romanzo:  se possiamo paragonare questo libro a un giallo il cui “assassino” è la causa della terribile epidemia, Lupo è il nostro detective! Edotto dal nonno e da un certo dottor Ludovico, cacciato dall’ateneo di Bologna perché in odore di eresia, il secondogenito di Toro impersona quello spirito “alla Trotula” che fa intravedere la modernità all’interno dei secoli bui del Medioevo.  I fratelli, compreso il giovane Falco, indirizzato sulle orme dell’importante padre, si ritrovano presso il palazzetto di Torello, al suo capezzale, il giorno della sua dipartita. Orso è stato mandato al funerale dall’avida moglie Vanna, che gli impone di andare a chiedere l’eredità che gli spetta dal suo padre naturale. Chissà come sarebbero finite le questioni di discendenza del facoltoso e rinomato beccaio del Verro se “non fosse giunta la grande mannaia che batté per mesi a casaccio sul tagliere della città, del mondo e della storia, separando tutto ciò che fino a un attimo prima pareva essere unito.” Lupo ha un’intuizione. Carica due muli e decide di allontanare la madre, i fratelli e i figli del migliore amico del padre (il pellicciaio Gabriello) dalla città funestata dalla peste. La prostituta Fiorenza e il sellaio dei muli si aggiungono alla combriccola. Ma con ancora Firenze in vista Gaspare, il figlio di Orso e Vanna, si ammala e i genitori terrorizzati lo abbandonano legato a un albero. Passa qualche mese e Orso è il primo a fuggire dalla cantina della casa di Gerundio a Ponte a Mensola (a pochi chilometri a nordest dell’attuale Firenze) per trovare la morte nella casa del patrigno, dove si era recato a cercare dell’oro. Lo segue la moglie Vanna, che incappa invece in una combriccola di gaudenti, quei personaggi che scacciavano la morte con la vita, la paura con l’edonismo. La (precedentemente pia) Vanna sposa un notaio e corona in quel “mondo alla rovescia” il suo sogno di fare la gran signora, tra fiumi di vino, banchetti sfrenati e orge. Falco invece, fratello minore di Lupo e Orso, trova in quel piccolo esilio la via della fede. Capendo che il comandamento “Non uccidere” comprende anche gli animali, decide di farsi monaco per espiare i peccati della vita del beccaio. Anche Lupo torna a Firenze e sarà questa sortita a fargli ipotizzare che siano i morsi dei cani a diffondere il contagio, un'ipotesi davvero vicina alla realtà. Presciuttini riporta il diario di questo curioso personaggio: un testo di rara qualità letteraria, che arriva a tessere dei paralleli tra la moria degli Achei di omerica memoria con la peste nera di Firenze. Ma il diario non è solo piacevole da leggere: il ragionamento di Lupo serve anche ad inserire dei temi cari all’autrice. Prima di tutto sfata i miti e i pregiudizi della fede: la malattia miete vittime tra i santi e i peccatori in egual misura; in secundis, sono proprio la bontà e l’intelligenza di Lupo a dimostrare come i reietti della terra (in questo caso un uomo con la faccia da mostro, ma anche la gentile e volenterosa prostituta Fiorenza) non siano “figli del Demonio” come insegnava la Chiesa del tempo.
La morte avrà ancora molto da dire alla famiglia del Verro e la stessa Amalia la speziale non evita il contagio, pur attenuando le sofferenze dell’agonia con l’acqua di papavero. Un romanzo storico di altissimo livello, come lo era il precedente Trotula, in cui la storia della famiglia di Toro del Verro contribuisce a tracciare un quadro della società pre-medicea. Presciuttini racconta le lotte intestine tra “fazioni prima guelfa e ghibellina, e ora bianca e nera” che “versavano sangue a secchiate, e quel sangue, che all’apparenza pareva tutto dello stesso colore, in realtà cambiava continuamente tonalità dal nero al bianco, dal nobile al borghese” e giunge nel terzo macro-capitolo “DOPO” (sottointeso “la peste nera”) ad abbozzare il Tumulto dei Ciompi. Gaspare, quel ragazzetto abbandonato da mamma e papà legato a un albero perché malato di febbre, sarà proprio uno degli agitatori e colpirà senza saperlo la casa del nuovo marito di sua madre, compiendo un matricidio degno di una tragedia greca. Così la scrittura, calata nella storia e nella Storia al contempo, si fa veicolo di conoscenza. L’autrice inserisce leggiadramente a ornamento della trama informazioni sullo stigma degli Ebrei, considerati temibili untori, sulla suddivisione delle Arti, sulle effemeridi, oppure sulla medicina del tempo. Questo non è un romanzo necessario, ammesso ce ne siano, ma è il più brillante affresco di un momento storico importantissimo. Questo è il nuovo romanzo della Peste Nera.

Paola Presciuttini è nata a Firenze nel 1970. In seguito a studi artistici, letterari, filosofici e teatrali, è stata allieva di Dacia Maraini e Lidia Ravera, e tiene da anni i propri seminari e corsi di Scrittura Creativa e Scrittura Teatrale. Poco più che ventenne ha pubblicato il suo primo libro di racconti, Occhi di grano (Sensibili alle foglie 1994), tradotto in tedesco per l’editore Fischer, cui sono seguiti i romanzi Comparse (Marco Tropea 1999), vincitore del Premio S. Pellegrino Terme 2000, Non dire il mio nome (Meridiano Zero 2004), Il ragazzo orchidea (Gaffi 2009) e il bestseller Trotula (Meridiano Zero 2013).

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