Il primo romanzo di una
serie di sei, detta Ciclo Palliser, parla di donne e amori, di occasioni
perdute o ritrovate, mentre sullo sfondo scorre la vita della Londra vittoriana
con le sue passioni, i suoi luoghi, i suoi ritmi, abilmente dipinti da Anthony Trollope.
Alice Vavasor, giovane e per bene, è imparentata con una delle famiglie più in
vista di Londra. È stata la fidanzata del cugino George, uomo con fama di
scapestrato e per questo lo ha lasciato. Adesso manca solo la data ufficiale
per il suo matrimonio con Grey, un gentiluomo perfetto in tutto, forse troppo,
pensa a volte Alice. Per il suo tour in Svizzera, l’ultimo da signorina assieme
all’inseparabile Kate, le due amiche scelgono di farsi accompagnare dal
fratello di questa, che è proprio George, l’ex pretendente. Succederà «qualcosa
di dolce, indefinibile e pericoloso», nulla in realtà di irreparabile, ma
quello che sconvolge la folla dei benpensanti è la sete di indipendenza di
Alice, il suo desiderio di non curarsi dell’ipocrisia. Un piccolo sasso
scagliato nello stagno morale della rispettabilità vittoriana, i cui cerchi
sempre più larghi il Narratore segue onda per onda, in tutti i salotti e le
camere private, con la sua voce di placida eleganza descrittiva, con la sua
«totale comprensione dell’usuale» (Henry James), con il suo talento di offrire
al lettore uno spaccato preciso al millimetro della società che racconta. Primo
romanzo dunque di una serie di sei,
detta Ciclo Palliser (dal personaggio di riferimento di tutto l’insieme) o
Ciclo politico, Potete perdonarla? di politico ha ancora molto poco. Parla di
donne e di amori, di donne migliori dei loro uomini, in cerca di una
affermazione indipendente che non possono ottenere se non proiettando se stesse
nei successi dei loro mariti, di occasioni d’amore perdute o ritrovate. Ma
qualcosa dentro l’antifemminile crosta vittoriana si sta rompendo e questa
storia, senza dichiararlo esplicitamente, lo registra (leggevano i libri dello
scrittore migliaia e migliaia di signore inclini a identificarsi). E c’è
un’altra protagonista, Londra, la meravigliosa città dove «quella di uno
scapolo è la più felice di tutte le vite» ma in cui non si piantano radici perché
le radici sono in campagna. Trollope, scrittore sommo dell’età più felice del
romanzo inglese, fa scorrere l’infinità di cose che succedono in modo
coinvolgente ma lieve, come l’ininterrotto pettegolezzo di un’élite che non ha
niente da fare, raccontato da un ospite intrigante ma tanto intelligente da
buttare qui e là un’ironia, costruire un paradosso, adombrare una critica, e
soprattutto capace di colorire il tutto di un distaccato umorismo sottilmente
pessimista per chi lo sa vedere.
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