"Scrivere di
Cioran non può che essere una confessione. Una confessione che Nicola non teme,
come solo coloro che portano Cioran con sé ovunque, dentro di sé, sanno
dichiarare. Che Cioran è per lui 'bussola' nel mare aperto delle parole,
incantatrici come sirene, nella paura di cadere con tutte le parole. E non a
caso sono i luoghi dove Cioran si concentra sulle parole quelli che - non più
sirene, ma muse, finalmente - parlano a Nicola. E il paradosso - forse il
fulcro di tutti i paradossi cioraniani perché è il suo manifestarsi in parole
contro le parole - riguarda appunto la lingua: nessuna anatomia del verbo, che
pure si fece carne - perché la Genesi si ode anche qui, dove apparentemente è
più lontana (per lui il paradiso è il luogo in cui non si parla, l'universo
prima del peccato, prima del commento) -, perché le parole di tale verbo sono
il peccato, perché 'tutto ciò che non è diretto è nullo'." (Dalla
prefazione di Mattia Luigi Pozzi)
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