Nelle parole di Andrea
Vitali, cui Bergomi ha affidato il compito di raccontarla, una vita mitica si
trasforma in un romanzo della commedia umana di cui egli è il maestro insuperato
nella narrativa italiana. "In quegli anni più di qualcuno fu tentato dal
pensiero di avvicinarsi a me e controllare se i baffi che portavo fossero veri
o posticci. Erano veri naturalmente e nessuno mai tentò di controllare se
invece fossero incollati come volessi dimostrare più anni di quelli che avevo.
Erano baffi e basta."
A 16 anni Beppe
Bergomi, con quei folti baffi, sembrava già un adulto: lo chiamavano “zio” e
tale è rimasto nella memoria dei tifosi. La sua parabola agonistica prende
avvio nella tranquilla realtà dell’hinterland milanese, in una famiglia
semplice, tra le scuole dalle suore e il tempo libero all’oratorio, sempre con
la palla al piede. Un’infanzia normale nell’Italia degli anni ‘60. Beppe è
quello che definiremmo un bravo ragazzo, non certo un bad boy che cerca nel
calcio il riscatto sociale. Ha un incredibile talento naturale, eppure la sua
famiglia sembra non accorgersene: neppure quando, nel 1977 – appena
quattordicenne – esordisce nel campionato giovanissimi e per la prima volta
firma un contratto da giocatore professionista. Il seguito è una storia nota:
Beppe salirà sul podio più alto da campione del mondo a soli 18 anni, con la
maglia della nazionale. Una carriera folgorante e un alquanto inusuale
attaccamento alla maglia nerazzurra lo hanno fatto entrare nella mitologia del
calcio italiano. Per contro, nelle parole di Andrea Vitali, cui Bergomi ha
affidato il compito di raccontarla, una vita mitica si trasforma in un romanzo
della commedia umana di cui egli è il maestro insuperato nella narrativa
italiana. Nulla gli sfugge nel dare voce alla sobrietà e intelligenza dell’ex
campione: tra ironia e paradosso, aneddoti di costume, successi e dolori,
Vitali ci fa rivivere gli esordi del calciatore, ma anche una stagione passata
dell’Italia, quasi fossimo lì pure noi. A distanza di anni, confrontandosi
anche con un consulente in psicologia sportiva, Beppe Bergomi ha ripercorso con
la memoria le vicende dell’infanzia e della formazione, realizzando quanto
l’agonismo sia stato una formidabile scuola di vita. Ed è arrivato a concludere
che “alla meta non ci si arriva mai da soli, e alla fine scopri che l’obiettivo
di squadra valorizza anche il tuo obiettivo individuale”.
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