Dopo alcuni anni Donato Di Poce
pubblica nuovamente Poesismi, (I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno)
ovvero aforismi in chiave poetica, ribadendo la consueta e ormai nota abilità
nell’inventare pensieri che stiano sempre in equilibrio tra i due generi
letterari; d’altronde è l’autore stesso a ricordarci che spesso nell’arte la
rigidità è un male (“Le regole creano cloni / le eccezioni lampi di verità”).
La poesia, intendendo in questo caso anche la figura del poeta, emerge
fortemente come tema centrale di molti componimenti. È evidente inoltre una
critica alla società contemporanea che traspare in molti aforismi; Di Poce ci
racconta un popolo che sembra sempre meno un insieme collettivo,
incessantemente orientato, invece, verso criteri di mera apparenza o di
partecipazione social più che sociale (“Facebook è un piccolo orto telematico /
dove coltiviamo grandi sogni / in piccole zolle mediatiche / per questo nascono
solo grandi solitudini reali”,“Non esistono mete da raggiungere ma solo viaggi
da condividere”, “La solitudine è un albero che ci cresce dentro”). Su questo
filone è doveroso citare il divertente “È una vita che siamo alternativi / ora
cerchiamo di diventare normali”, che pare richiamare L’impresa eccezionale di
Lucio Dalla. Una caratteristica che attraversa tutta la silloge è
l’ambientazione spesso onirica dei componimenti; sovente poi si procede per
immagini, il linguaggio diviene analogico e ciò che emerge è una sensazione di
stupore (“Non è importante essere foglia o fiore / l’importante è essere
rugiada”). Traspare quindi un suggerimento dell’autore che ci esorta a restare
un po’ fanciulli lungo tutta la vita, conservando negli anni almeno la capacità
di sorprenderci ogni giorno. Altri temi che emergono dalla raccolta sono il
viaggio (inteso principalmente come mezzo per riscoprire se stessi) e il
silenzio; in particolare Di Poce si concentra sull’ascolto del silenzio, vero
fondamento su cui si erge la riflessione interiore tanto cara all’autore. In
tal senso, rispetto anche ad altre raccolte, Poesismi Cosmoteandrici sembra
un’opera attraversata da un maggiore intimismo. Sul piano stilistico, un
particolare da evidenziare è la quasi totale assenza di punteggiatura,
sostituita invece con la tecnica del testo a capo; così molti pensieri restano
volutamente spezzati a metà (come sospesi) e si chiudono poi con il verso
successivo, contribuendo ad aumentare notevolmente la pointe dell’aforisma
(“Amo le donne perché sanno cucire / le ferite del mondo”).
Concludendo, la silloge si dimostra
l’ennesimo tentativo riuscito di Donato Di Poce nel fare interagire aforisma e
poesia, due mondi solo apparentemente lontani. Il risultato è dunque una
raccolta dalla piacevole lettura, capace in molte parti di divertire
all’istante ma anche di fare maturare, in un secondo momento, importanti
riflessioni nella mente del lettore. D’altronde l’aforista poetico è, osando
modificare un frammento dell’autore che ha come soggetto il poeta, “un
equilibrista sempre in bilico / tra i labirinti del cervello e gli abissi del
cuore!”.
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