lunedì 26 marzo 2018

Vieste accoglie in un caloroso abbraccio i poeti dialettali. Intervento di Stefano D’Almo
















Sapete come si richiama un gatto a Vico del Gargano? “Musc-musc!”E un cane? “Ciù-ciù, te qua!” Come si ottiene l’attenzione di un maiale? “Nfr-nfr!” E per fare bere un mulo, come si fa? Fischiare: “fif fif fif”, un richiamo che suona straniero però a pecore e capre, cui bisogna rivolgersi con un più familiare “zri zri zri”. Su questa Arca di Noè che è la poesia vernacolare ce n’è per tutti, animali ed esseri umani.  Se dovete chiamare uno sconosciuto infatti, a Vico è d’obbligo dirgli “jò”, se volete che si muova, allora è più indicato un “me!”, ma se le cose non prendono la piega desiderata, allora non resta che uno sconsolato “meeeeeee!” (mi raccomando, almeno sette “e”).

E’ un piccolo saggio dalla manifestazione “E‘ l’ora della poesia, era ora!” che ha portato sulla scena e rimesso agli onori del mondo la poesia vernacolare, quella dove risplende la magia della parola, evocativa, sapida e antica quanto può esserlo una sorgente di acqua limpida che sgorga dalle rocce dopo aver attraversato montagne e strati geologici di profondità. Lo show della poesia dialettale, da cui ho selezionato più sopra alcune suggestive sonorità vichesi, ma che si è arricchito dei contributi originali, evocativi e a volte ironici di tutto il territorio Dauno, ha avuto luogo lo scorso 11 marzo a Vieste, a cura della locale sezione della Lega Navale che ne ha varato la prima edizione sei anni fa. Manco a dirlo, tra lo scetticismo generale e quasi per gioco. E di questo è giusto rendere merito ai due soci del sodalizio viestano Saverio Sciancalepore e Raffaele Pennelli, ideatori dell’evento culturale che è ormai diventato un appuntamento tradizionale, capace di richiamare nella splendida località garganica poeti del promontorio, ma anche trans-frontalieri, e un pubblico che di anno in anno si fa più numeroso e appassionato.

Ma com’è possibile, viene da chiedersi, che in un mondo dominato dall’immagine, dagli effetti speciali, dai social networks, dalla comunicazione urlata e dalla volgarità esibita, vi possa essere ancora spazio per una forma d’arte e, soprattutto di espressione così intimista, qual è la poesia? La risposta può sembrare paradossale, ma non più di tanto. “E’proprio perché viviamo in un mondo così” - suggerisce il poeta Raffaele Pennelli - “soggiogato dall’egotismo, dalla sete di potere e di denaro, lanciato in una corsa apparentemente inarrestabile verso un vuoto spinto e senza valori, che alcune persone sentono l’urgenza di lacerare il velo dell’indifferenza e del cinismo per superare il rumore di fondo che ci assorda, sussurrando parole semplici, ma capaci di dare voce all’anima”. A Saverio Sciancalepore, oltre co-organizzatore con Pennelli della manifestazione e poeta anch’egli, preme sottolineare la potenza della parola che si fa poesia e in particolare di quella dialettale “credo che la differenza fondamentale tra la poesia in lingua e quella vernacolare stia nell’immediatezza e nella freschezza della seconda, più viscerale, liberatoria, laddove la prima è mediata da sovrastrutture culturali che sono implicite in un mezzo espressivo appreso sui banchi di scuola e nei libri, non nella strada o nelle osterie”.

Tra i temi toccati dai poeti, ovviamente le bellezze dei luoghi, gli amori, la nostalgia di antichi mestieri o di  tradizioni quasi scomparse. Ma non mancano l’attenzione all’ambiente  “…Santa Madre Terra, selvaggio è l’uomo che ti sotterra…”: è un verso di stringente attualità, tratto da “Primavera” di Sciancalepore, oppure le note romanticamente  sognanti, come in “Sera” di Pennelli: “Quando giunge la sera, raccogli i diamanti che la luna depone sulle onde del mare. Donali a una sirena dagli occhi neri e profondi come una notte d’amore che non ha mai fine”.

Bisogna dire grazie a persone come Raffaele e Saverio, ma anche al vicepresidente della sezione di Vieste della Lega Navale, Francesco Aliota, all’assessora alla Cultura del Comune di Vieste, Grazia Starace, ai musicisti Attilio Caso e Pietro Santoro, che hanno fornito la colonna sonora alla serata, e a tutti coloro che hanno contribuito al successo di questi incontri, impegnandosi in modo disinteressato e con ammirevole determinazione. Grazie perché ci invitano a guardarci dentro, a soffermarci e a godere del momento presente in cui stiamo vivendo, a riflettere sulle cose che davvero contano e che si riassumono nel concetto di umanità.

Un nuovo appuntamento con l’arte dello scrivere in versi sarà nel prossimo mese di giugno. Un consiglio? Se potete, partecipate. Staccate la spina dal mondo, dalla rete, dalla televisione, dai social e rimettetevi in presa diretta col cuore.



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