A distanza di anni
torna un clamoroso caso editoriale, il capolavoro di quella che è stata
definita da scrittori come Jonathan Franzen, David Foster Wallace e Jonathan
Lethem una delle grandi voci del Novecento americano. «La prima volta che ho
letto Quello che rimane me ne sono immediatamente innamorato… mi sembrava
assolutamente superiore a qualsiasi romanzo di scrittori come John Updike,
Philip Roth e Saul Bellow, contemporanei a Paula Fox. A più di dieci anni di
distanza, e dopo averlo letto ormai decine di volte, lo amo ancora di più» -
dall’introduzione di Jonathan Franzen
New York, fine anni
Sessanta. Otto e Sophie Bentwood sono una tranquilla coppia di mezza età, senza
figli e senza più molto da dirsi. Nulla sembra poter scalfire la loro serenità
borghese finché, un pomeriggio, l’innocua visita di un gatto randagio increspa
le tranquille acque della loro vita. Contrariamente al parere del marito,
Sophie dà del latte al gatto, che la morde procurandole una leggera ferita. Un
incidente all’apparenza insignificante, che però innesca una strana reazione a
catena: nell’arco di un weekend, mentre la ferita di Sophie si fa sempre più
preoccupante, si succedono una serie di fatti spiacevoli e si dipana quella che
minuto dopo minuto, pagina dopo pagina, diventerà per i Bentwood una sorta di
piccola e misteriosa tragedia, costringendoli a rimettere in discussione non
solo il loro matrimonio, ma anche la loro stessa esistenza. Come scrive nell’introduzione
Jonathan Franzen, al quale si deve la riscoperta in America del grandissimo
talento narrativo e stilistico di Paula Fox, a una prima lettura Quello che
rimane è un romanzo di suspense, che però si trasforma in altro a ogni
successiva lettura, riuscendo sempre a sorprendere il lettore. A distanza di
anni torna un clamoroso caso editoriale, il capolavoro di quella che è stata
definita da scrittori come Jonathan Franzen, David Foster Wallace e Jonathan
Lethem una delle grandi voci del Novecento americano.
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