sabato 31 marzo 2018
venerdì 30 marzo 2018
Novità in libreria - Il fornaio di Lorenzo Giroffi (Jouvence)
Boxe clandestina,
guerra in prima linea e traffici illegali: tutto attraverso gli occhi di un
fornaio. Maksim, figlio di una famiglia dell'est, è cresciuto a Palermo tra i
pericoli della periferia e la guida del cugino Sergey, che è stato l'unico a
credere nei suoi ideali rivoluzionari adolescenziali. Mosso da questi stessi
ideali, Sergey si arruola tra i miliziani del Donbass e sparisce. Così inizia
il viaggio ostile e gelido di Maksim, tra posti di blocco, sbronze, arresti,
paesi devastati, una prima linea dura da digerire, bombardamenti, fame e
delusioni. Ma di Sergey non c'è l'ombra. Alcuni indizi portano Maksim a Parigi,
proprio durante gli attentati terroristici che scuotono la Francia, ed è lì che
incontra nuovamente la boxe del suo passato e trova delle lettere di Sergey.
Gli ultimi indizi portano Maksim in Burkina Faso, per trovare un'altra
rivoluzione e, con essa, altre delusioni. Tra martiri e traffici clandestini
Maksim giunge alla distruzione definitiva della figura di Sergey, in un
incontro che sarà il crepuscolo di tutti gli ideali di quello che si riteneva
solo un fornaio.
giovedì 29 marzo 2018
Novità in libreria - La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez. Traduttore: M. Botto (Neri Pozza)
Buenos Aires, giugno
1949. Nella gigantesca sala della dogana argentina una discreta fetta di Europa
in esilio attende di passare il controllo. Sono emigranti, trasandati o vestiti
con eleganza, appena sbarcati dai bastimenti dopo una traversata di tre
settimane. Tra loro, un uomo che tiene ben strette due valigie e squadra con
cura la lunga fila di espatriati. Al doganiere l’uomo mostra un documento di viaggio
della Croce Rossa internazionale: Helmut Gregor, altezza 1,74, occhi castano
verdi, nato il 6 agosto 1911 a Termeno, o Tramin in tedesco, comune
altoatesino, cittadino di nazionalità italiana, cattolico, professione
meccanico. Il doganiere ispeziona i bagagli, poi si acciglia di fronte al
contenuto della valigia piú piccola: siringhe, quaderni di appunti e di schizzi
anatomici, campioni di sangue, vetrini di cellule. Strano, per un meccanico.
Chiama il medico di porto, che accorre prontamente. Il meccanico dice di essere
un biologo dilettante e il medico, che ha voglia di andare a pranzo, fa cenno
al doganiere che può lasciarlo passare. Cosí l’uomo raggiunge il suo santuario
argentino, dove lo attendono anni lontanissimi dalla sua vita passata. L’uomo
era, infatti, un ingegnere della razza. In una città proibita dall’acre odore
di carni e capelli bruciati, circolava un tempo agghindato come un dandy:
stivali, guanti, uniforme impeccabili, berretto leggermente inclinato. Con un
cenno del frustino sanciva la sorte delle sue vittime, a sinistra la morte
immediata, le camere a gas, a destra la morte lenta, i lavori forzati o il suo
laboratorio, dove disponeva di uno zoo di bambini cavie per indagare i segreti
della gemellarità, produrre superuomini e difendere la razza ariana. Scrupoloso
alchimista dell’uomo nuovo, si aspettava, dopo la guerra, di avere una
formidabile carriera e la riconoscenza del Reich vittorioso, poiché era…
l’angelo della morte, il dottor Josef Mengele.
mercoledì 28 marzo 2018
martedì 27 marzo 2018
lunedì 26 marzo 2018
Vieste accoglie in un caloroso abbraccio i poeti dialettali. Intervento di Stefano D’Almo
Sapete come si richiama un gatto a Vico del Gargano? “Musc-musc!”E un cane? “Ciù-ciù, te qua!” Come si ottiene l’attenzione di un maiale? “Nfr-nfr!” E per fare bere un mulo, come si fa? Fischiare: “fif fif fif”, un richiamo che suona straniero però a pecore e capre, cui bisogna rivolgersi con un più familiare “zri zri zri”. Su questa Arca di Noè che è la poesia vernacolare ce n’è per tutti, animali ed esseri umani. Se dovete chiamare uno sconosciuto infatti, a Vico è d’obbligo dirgli “jò”, se volete che si muova, allora è più indicato un “me!”, ma se le cose non prendono la piega desiderata, allora non resta che uno sconsolato “meeeeeee!” (mi raccomando, almeno sette “e”).
E’ un piccolo saggio
dalla manifestazione “E‘ l’ora della poesia, era ora!” che ha portato sulla
scena e rimesso agli onori del mondo la poesia vernacolare, quella dove
risplende la magia della parola, evocativa, sapida e antica quanto può esserlo una
sorgente di acqua limpida che sgorga dalle rocce dopo aver attraversato montagne
e strati geologici di profondità. Lo show della poesia dialettale, da cui ho selezionato
più sopra alcune suggestive sonorità vichesi, ma che si è arricchito dei
contributi originali, evocativi e a volte ironici di tutto il territorio Dauno,
ha avuto luogo lo scorso 11 marzo a Vieste, a cura della locale sezione della
Lega Navale che ne ha varato la prima edizione sei anni fa. Manco a dirlo, tra
lo scetticismo generale e quasi per gioco. E di questo è giusto rendere merito ai
due soci del sodalizio viestano Saverio Sciancalepore e Raffaele Pennelli,
ideatori dell’evento culturale che è ormai diventato un appuntamento
tradizionale, capace di richiamare nella splendida località garganica poeti del
promontorio, ma anche trans-frontalieri, e un pubblico che di anno in anno si
fa più numeroso e appassionato.
Ma com’è
possibile, viene da chiedersi, che in un mondo dominato dall’immagine, dagli
effetti speciali, dai social networks, dalla comunicazione urlata e dalla
volgarità esibita, vi possa essere ancora spazio per una forma d’arte e,
soprattutto di espressione così intimista, qual è la poesia? La risposta può
sembrare paradossale, ma non più di tanto. “E’proprio perché viviamo in un
mondo così” - suggerisce il poeta Raffaele Pennelli - “soggiogato dall’egotismo,
dalla sete di potere e di denaro, lanciato in una corsa apparentemente inarrestabile
verso un vuoto spinto e senza valori, che alcune persone sentono l’urgenza di lacerare
il velo dell’indifferenza e del cinismo per superare il rumore di fondo che ci assorda,
sussurrando parole semplici, ma capaci di dare voce all’anima”. A Saverio
Sciancalepore, oltre co-organizzatore con Pennelli della manifestazione e poeta
anch’egli, preme sottolineare la potenza della parola che si fa poesia e in
particolare di quella dialettale “credo che la differenza fondamentale tra la
poesia in lingua e quella vernacolare stia nell’immediatezza e nella freschezza
della seconda, più viscerale, liberatoria, laddove la prima è mediata da
sovrastrutture culturali che sono implicite in un mezzo espressivo appreso sui
banchi di scuola e nei libri, non nella strada o nelle osterie”.
Tra i temi
toccati dai poeti, ovviamente le bellezze dei luoghi, gli amori, la nostalgia
di antichi mestieri o di tradizioni
quasi scomparse. Ma non mancano l’attenzione all’ambiente “…Santa Madre Terra, selvaggio è l’uomo che ti
sotterra…”: è un verso di stringente attualità, tratto da “Primavera” di
Sciancalepore, oppure le note romanticamente sognanti, come in “Sera” di Pennelli: “Quando
giunge la sera, raccogli i diamanti che la luna depone sulle onde del mare.
Donali a una sirena dagli occhi neri e profondi come una notte d’amore che non
ha mai fine”.
Bisogna dire
grazie a persone come Raffaele e Saverio, ma anche al vicepresidente della
sezione di Vieste della Lega Navale, Francesco Aliota, all’assessora alla
Cultura del Comune di Vieste, Grazia Starace, ai musicisti Attilio Caso e
Pietro Santoro, che hanno fornito la colonna sonora alla serata, e a tutti coloro
che hanno contribuito al successo di questi incontri, impegnandosi in modo
disinteressato e con ammirevole determinazione. Grazie perché ci invitano a guardarci
dentro, a soffermarci e a godere del momento presente in cui stiamo vivendo, a riflettere
sulle cose che davvero contano e che si riassumono nel concetto di umanità.
Un nuovo
appuntamento con l’arte dello scrivere in versi sarà nel prossimo mese di
giugno. Un consiglio? Se potete, partecipate. Staccate la spina dal mondo, dalla
rete, dalla televisione, dai social e rimettetevi in presa diretta col cuore.
Novità in libreria - I sette peccati capitali dell'economia italiana di Carlo Cottarelli (Feltrinelli)
Cosa blocca la crescita
dell'economia italiana? I sette errori che ci impediscono di ripartire. «L’economia
italiana è cresciuta poco negli ultimi vent’anni. Ha accelerato un po’ nel
2017, ma hanno accelerato anche tutti gli altri paesi. Se fosse una corsa
ciclistica, sarebbe come rallegrarsi di andare più veloci senza accorgersi di
avere iniziato un tratto in discesa. In realtà, anche in discesa il distacco
dal gruppo sta aumentando.»
Perché l'economia
italiana non riesce a ripartire? Secondo Carlo Cottarelli, la precarietà che
ostacola la nostra ripresa economica non è legata a un destino che siamo
costretti a subire. Deriva soprattutto da sette gravissimi errori che il
sistema dell'economia italiana continua a commettere. Sono i peccati capitali
dell'economia italiana: l'evasione fiscale, la corruzione, la troppa
burocrazia, la lentezza della giustizia, il crollo demografico, l'incapacità di
stare nell'euro, il divario tra Nord e Sud. Fino a oggi, l'evasione è sempre
stata sottovalutata. Cottarelli dimostra che la lotta contro questa piaga
troppo diffusa richiede una riforma strutturale, perché il fenomeno è molto più
esteso di quanto siamo abituati a pensare. Un provvedimento capace di invertire
la rotta, cominciando a recuperare una cifra che si avvicina ai 150 miliardi,
aiuterebbe il paese a uscire da questa stagione di incertezza. Questa
dispersione di capitale si combina con la macchina ipertrofica della burocrazia
e con una giustizia troppo lenta, che scoraggiano gli investitori stranieri e
ostacolano la creazione di nuovi posti di lavoro. Correggere questi errori è
possibile. Dopo un'esperienza decennale da dirigente del Fondo monetario
internazionale, Cottarelli torna in Italia per spiegare senza tecnicismi quali
sono le strategie e le soluzioni che dobbiamo costruire per garantire un futuro
alla nostra economia.
domenica 25 marzo 2018
sabato 24 marzo 2018
Novità in libreria – L’ultimo canto di Eugenio Imbriani (Edizioni Esperidi)
La vita di Giacomo, la
sua poesia, i suoi pensieri, in una Napoli vitale e soffocante, oppressa dalla
censura e puerilmente entusiasta del nuovo secolo, popolaresca e velleitaria:
l’amicizia con il fido Antonio, l’incontro con un personaggio pittoresco,
Donnalfonso, e i suoi figli; la malattia, il traboccare del sentimento, la
giovinezza che se ne va; e, infine, sulle falde del Vesuvio, nel deserto della ginestra,
la composizione dell’ultimo, durissimo canto.
Eugenio Imbriani è
professore di Antropologia culturale presso l’Università del Salento (Lecce).
Saggista, autore di numerose pubblicazioni, di tanto in tanto si misura con il racconto.
venerdì 23 marzo 2018
Novità in libreria – Ambrose di Fabio Carta (Scatole Parlanti)
Controllore Ausiliario
– CA – è uno dei pionieri ad aver sposato la causa della missione Nexus, la
frontiera virtuale dove scrivere un nuovo e pacifico capitolo della storia
umana. Ma durante la preparazione terapeutica, il suo corpo rimane vittima di
danni irreparabili. Logorato dalle metastasi, è costretto a vivere in una
speciale tuta eterodiretta da pazzi esaltati, che combattono una guerra in
bilico tra realtà e spettacolo. Il suo destino è la morte, mentre un suo
gemello elettronico continuerà a simulare la sua esistenza nel ciberspazio. L’infelicità
di CA – figlio delle stelle, alieno agli usi terrestri – subisce uno
stravolgimento con la comparsa di Ambrose. Un’entità che si presenta come una
rosa stillante ambra, una irriverente voce che lo guida verso sviluppi
imprevedibili. Come ribellarsi al proprio destino e scoprire cosa si cela
realmente dietro i grandi cambiamenti ai quali l’umanità dovrà far fronte.
Fabio Carta, classe
1975, è appassionato di fantascienza e dei classici della letteratura. Laureato
in Scienze Politiche con indirizzo storico, ha al suo attivo la saga
fantascientifica Arma Infero, una serie che a oggi conta due romanzi (Il mastro
di forgia, 2015 e I cieli di Muareb, 2016) e il racconto lungo Megalomachia
(Delos Books, 2016), scritto unitamente alla finalista del premio “Urania
2016”, Emanuela Valentini. Ha inoltre partecipato con importanti firme della
fantascienza italiana all’iniziativa benefica “Penny Steampunk” (2016), da cui
è nato un volume di racconti fantastico-weird a cura di Roberto Cera.
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