“Chi sbaglia
va condotto nella retta via”, pensavano gli antichi, ma pensare di vivere in un
mondo ordinato e semplice conduce alla condanna dell’errore. Un tale
ragionamento, difatti, pone su un piedistallo privilegiato delle verità stabilite
solo da pochi uomini che, in tal maniera, riescono a controllare la vita di
molti, a condizionando l’inconscio comune e facendo tacere gesti e sguardi
dell’individuo che in essi manifesta la sua più intima creatività. L’errore è
stato disprezzato nel corso dei secoli da metafisici, filosofi, pedagoghi e da
un’intera letteratura basata su canoni di bellezza che rispettano ciò che è
ritenuto formalmente, economicamente e politicamente corretto. Si tratta di una
letteratura ed una scienza che hanno preferito valorizzare solo alcune grandi
verità fondate su criteri logici-strutturali con la presunzione di eliminare
ciò che era ‘incomprensibile, errato, diverso, complesso. Del resto gli
insegnanti – i cosiddetti maestri – amano presentarsi come coloro che non
sbagliano mai. Pertanto, ciò che tramandano si riduce a sterili dogmi, pensieri
scientifici e nozioni algebriche partorite da uomini che hanno detenuto il
controllo sulla conoscenza allontanando quello che potremmo definire il
“sentimento della scienza”.
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